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Impero coloniale italiano
Le colonie italiane prima della I GM furono in Africa l'Eritrea, la Somalia Italiana, la Libia (strappata all'Impero ottomano nel 1912)
PRINCIPE
Fin dal 1861 con Cavour vi fu un tentativo poco conosciuto - stroncato prontamente da inglesi e francesi - di creare una piccola colonia, inizialmente commerciale, sulla costa della Nigeria e nell'isola portoghese del Príncipe[5].
TUNISIA E ALGERIA
Primi tentativi: Tunisia, quartiere de La Goletta
Ma la Francia se ne impadronì nel 1881.
Frizioni con la Francia si ebbero, nel medesimo periodo, anche in Algeria dove a Bona era attiva una comunità italiana di pescatori di corallo.
Ne approfittiamo per guardare il corallo (vivo, con le zampine dei molluschi fuori, nella prima foto).
ERITREA
Giuseppe Sapeto, prete missionario, percorse le rive del Mar Rosso e fu uno dei fautori dell'espansionismo coloniale italiano.
Nel 1837 si stabilì ad Adua e scrisse alcune opere sull'Eritrea e l'Abissinia. Successivamente insegnò la lingua araba a Parigi, Firenze e Genova.
Nel novembre del 1869, ritornato in Africa, acquistò per conto della compagnia di navigazione di Raffaele Rubattino, la baia di Assab. Nel 1882 la proprietà venne ceduta al Regno d'Italia, divenendo il primo possedimento italiano d'oltremare.
adwa da satellite
ETIOPIA Diverso il caso dell'Etiopia, allora retta dal Negus Neghesti (Re dei Re) Giovanni IV, ma con la presenza di un secondo Negus (Re) nei territori del sud: Menelik.
Attraverso gli studiosi e i commercianti italiani che frequentavano la zona già dagli anni sessanta, l'Italia cercò di dividere i due Negus al fine di penetrare, dapprima politicamente e in seguito militarmente, all'interno dell'altopiano etiopico.
Nel 1889 l'Italia ottenne, tramite un accordo da parte del console italiano di Aden con i rispettivi sultani, i protettorati sul sultanato di Obbia e su quello della Migiurtinia. Nel 1892 il Sultano di Zanzibar concesse in affitto i porti del Benadir (fra cui Mogadiscio e Brava) alla società commerciale "Filonardi". Il Benadir, sebbene gestito da una società privata, fu sfruttato dal Regno d'Italia come base di partenza per delle spedizioni esplorative verso le foci del Giuba e dell'Omo e per l'assunzione di un protettorato sulla città di Lugh.
A seguito della sconfitta e della morte dell'imperatore Giovanni in una guerra contro i dervisci sudanesi, l'esercito italiano in stanza a Massaua occupò una parte dell'altopiano etiopico, compresa la città di Asmara, sulla base di precedenti ambigui accordi fatti con Menelik il quale, con la morte del rivale, era riuscito a farsi riconoscere Negus Neghesti. Con il trattato che seguì, Menelik accettò la presenza degli italiani sull'altopiano e riconobbe di utilizzare l'Italia come canale di comunicazione di preferenza con i paesi europei. Quest'ultimo riconoscimento venne interpretato dagli italiani (e tradotto dalla lingua amarica di conseguenza) come l'accettazione di un Protettorato e per cinque anni sarà fonte di discordie fra i due paesi.
Queste differenti interpretazioni del trattato posero le basi per lo scoppio di un conflitto e la successiva avanzata italiana in Abissinia (ora Etiopia); ma la pronta reazione delle truppe abissine costrinse inizialmente alla resa. Dopo questa prima sconfitta l'Italia subì, il 1º marzo 1896, la definitiva e pesante disfatta di Adua, nella quale caddero sul campo circa 7.000 uomini. Il 26 ottobre 1896 fu conclusa la pace di Addis Abeba, con la quale l'Italia rinunciava alle sue mire espansionistiche in Abissinia. La disfatta provocò forti reazioni in tutta Italia, dove vi fu chi propose un immediato rilancio del progetto coloniale e chi, come una parte del partito socialista, propose di abbandonare immediatamente queste imprese.
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